Le culture degli altri animali

Molto spesso si cade nell’errore di considerare l’uomo come unico animale dotato di capacità creative e comunicative. Nonostante siano innegabili le differenze con le metodologie umane, anche molti animali hanno comunque mostrato di possedere capacità comunicative.

Una prima osservazione del comportamento animale ci fa inoltre capire come essi abbiano degli istinti non generati dallesperienza, ma che si attivano come risposta a stimoli esterni: questo ci potrebbe portare a pensare che il comportamento animale sia solamente un insieme di risposte pre-programmate. Ovviamente non è così: gli animali hanno dimostrato di reagire in modo dipendente anche dalla propria esperienza. Questo denota una capacità di adattamento all’ambiente non indifferente.

Il comportamento animale e le abilità comunicative sono frutto dell’evoluzione di tre caratteristiche fondamentali per l’adattamento: creatività, comunicazione e apprendimento. La creatività è la facoltà di trovare una risposta nuova ad un problema, la comunicazione è il meccanismo sociale mediante il quale si può diffondere un nuovo comportamento agli altri membri del gruppo, l’apprendimento è l’acquisizione della nuova metodologia.

La memoria è una caratteristica fondamentale per l’apprendimento. Per memoria si intende una funzione che agisce in maniera impercettibile e automatica e alla quale non attribuiamo quasi mai un valore autonomo. Esistono due tipi di classificazione di memoria: la prima distingue la memoria in dichiarativa (che immagazzina tutte le informazioni comunicabili) e procedurale (che immagazzina tutte le informazioni riguardanti comportamenti attitudinali), mentre la seconda differenzia la memoria a breve e lungo termine. La funzione mnemonica è scomponibile in tre processi: memorizzazione, immagazzinamento delle informazioni e possibilità di estrarre nuovamente i ricordi.

Gli animali hanno forme di comunicazione diverse rispetto a quelle umane: una di esse è un codice basato sui colori, completamente dipendente dalla genetica. Un sistema di questo genere viene definito passivo; è attivo, invece, quando un animale padroneggia il linguaggio per comunicare con altri individui. In entrambi i casi è fondamentale che il segnale ricevuto sia privo di ambiguità e che il ricevente sappia comprendere nel modo corretto l’informazione che riceve. Molti animali fanno uso di gesti per comunicare; spesso queste serie di segni sono però risposte istintive, dunque non classificabili come fenomeni culturali. Alla comunicazione tramite gesti si affianca quella tramite segnali acustici, generalmente volontaria.

Negli animali possiamo però riscontrare molti comportamenti difficilmente riconducibili a un insegnamento o a un istinto frutto della selezione naturale e che, quindi, dobbiamo per forza definire come comportamenti creativi. A queste prassi comportamentali potremmo aggiungere gli infiniti esempi di rudimentali strumenti fabbricati e impiegati da diverse specie animali. Un problema sul quale biologi e psicologi si interrogano riguarda il processo creativo, ovvero quale sia la genesi delle soluzioni “creative” ai problemi. Per i mammiferi, che come noi sognano, l’intuizione (insight) che spesso caratterizza la creatività potrebbe appunto derivare dalla fase di sonno. Questo fenomeno è stato però osservato anche in altri animali: è pertanto possibile che essa si sia sviluppata parallelamente in specie diverse.

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Abbiamo parlato di memoria, comunicazione e creatività, che da soli non possiamo ancora definire cultura. Ed è qui che entrano in gioco i cosiddetti “meccanismi culturali”. Primo fra tutti è l’imitazione. Per quanto possa sembrare banale, in realtà è molto complesso. Per imitare non basta solo osservare il comportamento di un altro membro della specie, ma è fondamentale comprenderne l’impatto che potrebbe avere sulla vita, in modo tale da poterlo ricordare. Un altro meccanismo culturale su cui vale la pena soffermarsi è l’insegnamento. Il termine, esteso all’ambito biologico, si definisce come comportamento senza vantaggi immediati per chi lo pratica, che però facilita l’acquisizione di nuove informazioni o abilità da parte di un individuo “ignorante”.

Esempi di comportamenti che dobbiamo per forza definire culturali possono essere riscontrati nei primati. Popolazioni di scimpanzé che vivono in habitat analoghi ma separati da barriere geografiche esibiscono differenti abitudini riguardo a come costruire strumenti o procacciarsi il cibo, senza che queste differenze possano essere spiegate in termini di necessità biologiche. Possiamo però trovare tradizioni anche in animali molto diversi da noi e lontani da un punto di vista evolutivo. Un esempio sono i cetacei. Le sequenze organiche dei cetacei di una data specie si basano su una struttura di base comune: se questi vocalizzi potessero essere definiti una lingua, vi sarebbero anche ‘dialetti’ in base alle piccole variazioni regionali esistenti. Un esempio di ciò è quanto è emerso dallo studio di Whitehead e collaboratori, che analizzarono diversi gruppi di capodogli al largo delle isole Galapagos, scoprendo che ciascuno di essi ha un proprio repertorio vocale distintivo, utilizzato da individui imparentati tra loro o sciolti da qualsiasi tipo di legame familiare. Si stabilisce così che non vi è una base genetica nella propagazione dei repertori vocali differenziati nei vari gruppi, e neanche lo possono essere le condizioni ecologiche dell’habitat, poiché diversi gruppi che condividono uno stesso tratto di mare possono avere diversi dialetti locali.

Inoltre, non occorre un cervello di grandi dimensioni o di forma simile a quella umana per consentire la produzione di cultura; in tutti gli animali che praticano qualche tipo di imitazione e che hanno qualche forma di cultura, l’organizzazione delle cellule del sistema nervoso centrale è molto simile, pur essendo spesso il risultato di processi evolutivi differenti. I comportamenti culturali non sono istintivi, ma derivano dalla capacità degli animali di elaborare il loro comportamento in maniera sofisticata, autonoma e apparentemente consapevole. Non tutti gli animali manifestano forme di cultura: quelli che vivono da soli, infatti, avranno meno possibilità di apprendere nuovi comportamenti per via culturale.

Lo studio delle culture e di determinati mutamenti fisici degli animali non umani è molto importante, perché ci aiuta a immaginare in che modo potrebbe avere avuto origine la cultura della nostra specie. All’evoluzione della cultura si applica bene il meccanismo di ereditarietà dei caratteri acquisiti di Lamarck: ogni comportamento inventato da un individuo è un carattere nuovo che è stato acquisito da quell’individuo nel corso della sua vita e che può mostrare ed insegnare ad altri. A differenza delle mutazioni genetiche, i caratteri acquisiti sono più velocemente e facilmente trasmissibili e riguardano tutti gli individui di una popolazione, aumentando così le possibilità di sopravvivenza di interi gruppi di organismi. In ogni caso, non tutti i nuovi comportamenti sopravvivranno: la selezione naturale favorirà quelli adattativi, mentre tenderà a eliminare le varianti meno adatte. Le informazioni culturali vengono trasmesse secondo la teoria dei Memi, ossia sono tramandabili come se fossero “pacchetti” di informazioni, che possono essere male interpretate da chi le riceve a causa di interpretazioni personali. Pur essendo soltanto un’ipotesi, il concetto di Meme consente di riflettere sull’informazione necessaria all’esecuzione di comportamenti e sul modo con cui questa informazione si propaga all’interno di un gruppo.

Infine, che relazione c’è tra la cultura umana e quelle degli altri animali? Queste ultime, studiate a fondo, potrebbero aiutarci a elaborare teorie capaci di interpretare l’origine e l’evoluzione delle culture umane. È importante però notare che, a differenza degli uomini, gli altri animali non sviluppano i risultati delle proprie idee perfezionando sempre di più strumenti ed invenzioni comportamentali, ma si accontentano del miglioramento della qualità della vita che hanno già a disposizione. Questo perché, in confronto alla cultura umana, quella animale sembra ferma a uno stato “preistorico” e non ancora sviluppato, dovuto anche all’assenza, o comunque ad una eccessiva semplicità, di un linguaggio per la diffusione delle informazioni.

BIBLIOGRAFIA:

“Le culture degli altri animali” – Michelangelo Bisconti, prima edizione, ottobre 2008, Bologna

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