Escher: l’artista dell’infinito matematico

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Maurits Cornelis Escher è stato un incisore e grafico olandese vissuto nel XX secolo e indiscutibilmente apprezzato da logici e matematici. Fu infatti una mente brillante che riuscì ad elaborare mediante il disegno costruzioni impossibili, esplorazioni dell’infinito, tassellature del piano e dello spazio e motivi geometrici che cambiano gradualmente in forme differenti. Tutte queste figure che non hanno né inizio né fine (i pesci che si trasformano in uccelli, le architetture impossibili…) sono una sfida alla nostra percezione e nascondono formule matematiche, teoremi geometrici e paradossi della logica.

Infatti, nella sua arte, Escher faceva ampio ricorso a concetti matematici come le trasformazioni sul piano cartesiano, utilizzando anche qualche nozione di geometria non euclidea: molte sue opere arrivano ad anticipare principi scientifici che sarebbero dovuti risultare assolutamente ignoti all’artista, essendo germogliati definitivamente solo molti decenni più tardi. Il fatto che la sua arte si strutturi su modelli geometrici e matematici ben precisi è quindi ancora più sorprendente, dal momento che si conoscono le sostanziali lacune conoscitive dell’artista, che non aveva mai approfondito ad alti livelli lo studio della matematica.

Lo stesso Escher fece questa dichiarazione: «Non una volta mi diedero una sufficienza in matematica […] La cosa buffa è che, a quanto pare, io utilizzo teorie matematiche senza saperlo. No, ero un ragazzo gentile e un po’ stupido a scuola. Immaginatevi adesso che i matematici illustrano i loro libri con i miei quadri! E io che vado in giro con gente colta quasi fossi loro fratello o collega. Non riescono neppure a immaginarsi che io non ne capisco nulla».

A questo punto vi chiederete come si fa, per esempio, a rappresentare una dimensione senza limiti. La risposta dell’artista sta in alcune opere in cui riduce progressivamente la grandezza delle figure: esse, pur rimanendo perfettamente riconoscibili, diventano sempre più piccole, quasi infinitesimali, dando l’idea di continuare senza fine di là del bordo del foglio su cui sono disegnate.

Questo concetto viene interpretato artisticamente da Escher anche con l’utilizzo di cerchi concentrici, la cui distanza diminuisce con l’avvicinarsi al centro della figura. In termini matematici si tratta della cosiddetta spirale logaritmica, definita «meravigliosa» dal matematico Jakob Bernoulli in riferimento al fatto che essa non ha né inizio né fine. Questo concetto era ignoto a Escher, il quale si divertì comunque ad esplorarlo con l’esecuzione di opere come Vortici, in cui alcuni pesci vengono risucchiati in un gorgo descritto dal grafico di un’omografia lossodromica, ossia la curva inversa alla spirale logaritmica.

spirale logaritmica (immagine)
Spirale logaritmica
vortici (immagine)
Vortici

 

 

 

 

 

 

Il concetto di infinito venne studiato dall’artista in particolar modo nei suoi ultimi quindici anni di vita: questo venne definito come “Periodo dell’Infinito”. Una fra le opere più simboliche di questo periodo è Limite del cerchio III, che sembra sia il frutto dell’ammirazione dell’artista per un’illustrazione di un libro del matematico inglese Coxeter. Proviamo a dare un’idea dello spazio che Escher ha voluto rappresentare: poniamoci al centro del disegno e supponiamo di voler camminare fino al bordo di esso; mentre camminiamo ci restringiamo sempre di più, proprio come accade ai pesci della figura. Per raggiungere il bordo, quindi, dovremmo percorrere una distanza che ci sembrerà infinita, ma essendo immersi in questo spazio non ci parrà subito ovvio che ci sia qualcosa di inusuale.

limite del cerchio 3 (immagine)
Limite del cerchio III

In generale, ciò che rende forse più affascinante questo artista è il fatto che rifiutò la visione monoculare prevista dai tradizionalismi artistici, in cui il senso della profondità viene notevolmente ridotto con l’aumento del campo visivo. Escher propone una rappresentazione più complessa dello spazio, attirando nella dimensione illusoria dei suoi disegni realtà che dovrebbero essere estranee al loro spazio figurativo. Si verifica, in un certo senso, il paradosso della diplopia: l’autore spesso riunisce due, se non tre, punti di vista nello stesso disegno, così da rendere l’immagine qualcosa che sembra la proiezione di un oggetto tridimensionale su una superficie piana. A dire il vero, in alcune opere, guardando più attentamente ci si accorge che quella figura non potrebbe mai avere un’esistenza nello spazio; le suggestioni spaziali di alcune immagini piane sono così forti che si possono suggerire su di esse dei mondi che, in tre dimensioni, non potrebbero assolutamente esistere.

 

Sitografia:

https://it.wikipedia.org/wiki/Maurits_Cornelis_Escher

http://www.treccani.it/enciclopedia/maurits-cornelis-escher_(Enciclopedia-dei-ragazzi)

http://www.mcescher.com/about

http://www.raiscuola.rai.it/articoli/maurits-cornelis-escher-arte-e-matematica/4368/default.aspx

http://dm.unife.it/geometria/Escher_A/impossibili.htm

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